lunedì 29 ottobre 2012

Sud Sudan: emergenza per il rimpatrio forzato di migliaia di persone

Un estratto della mia intervista per la Radio Vaticana a Ylenia Danini di "SOS Villaggi dei bambini Onlus" sulla situazione della popolazione in Sud Sudan.


R. – La Sos villaggi dei bambini è un’organizzazione internazionale che si impegna da più 60 anni nell’accoglienza di bambini privi di cure familiari e sviluppa programmi di rafforzamento famigliare per famiglie in difficoltà. Sos villaggi Opera in 133 Paesi del mondo, quindi l’Italia compresa, e aiuta di due milioni di persone.

D. – Qual è l’attuale situazione nel Sud Sudan?

R. – In seguito alla secessione e alla dichiarazione di indipendenza del 2011, il governo del nord di Karthoum ha obbligato le persone che risiedevano al nord ma originarie del Sud al rimpatrio forzato. E’ una situazione in cui persone che non hanno mai visto il sud ma tantomeno ci hanno vissuto sono pronte a lasciare tutto, perdono tutto, il lavoro, la casa, tutto quello che avevano costruito negli anni, per spostarsi al sud. Il Sud Sudan peraltro è uno Stato molto povero, privo di quelle risorse necessarie per accogliere le centinaia di migliaia di cui si parla di persone forzate al rimpatrio. Questo comporta ovviamente che queste persone, oltre a non conoscere il territorio, non sanno dove recarsi e quindi vengono accolte in questi centri di transito. I centri di transito sono quelli di Malakal e Juba nei quali Sos villaggi dei bambini ha avviato alcuni centri temporanei di supporto all’infanzia in cui ci sono sia attività di tipo ludico e educativo sia supporto psicologico per i bambini. Come si può immaginare oltre a giornate estenuanti, spesso questi bambini hanno vissuto anche veri e propri combattimenti, hanno rischiato la morte nel trasferimento dal nord al sud.

D. – Quali prospettive possono avere nell’immediato futuro queste persone?

R. – E’ molto difficile da dirsi. Non avendo idea di che cosa fare, di dove andare, sono costretti a rimanere per mesi nei centri di transito e magari a vedere alcuni familiari spostarsi per andare a cercare un modo per sopravvivere nel sud. Quello che stiamo cercando di fare...

venerdì 12 ottobre 2012

Compie 60 anni il Caritas Baby Hospital a Betlemme aperto a bimbi di ogni cultura e religione

Un estratto della mia intervista per la Radio Vaticana a suor Lucia Corradin, da anni impegnata all'interno del Caritas Baby Hospital di Betlemme, esempio di tolleranza e di integrazione.


R. – Il Caritas Baby Hospital è l’unico ospedale pediatrico presente in tutta la Cisgiordania e ha trovato il suo inizio alla vigilia del Natale del 1952, grazie ad un religioso svizzero – padre Ernst Schnydrig – che si trovava in pellegrinaggio con un piccolo gruppo di amici, proprio durante il periodo natalizio. Incontrano un papà arabo palestinese di un campo profughi qui vicino – il campo di Aida – mentre questo padre di famiglia stava seppellendo il figlio che era morto di freddo e denutrizione. Il prete resta sconvolto dall’incontro, perché si sente interpellato da una forte domanda: “Come mai questo succede a Betlemme, nel momento stesso in cui io mi sto recando alla grotta per incontrare il Signore?”. Lui avverte che il Signore si è servito di quell’evento per fargli capire che dovesse essere lui il promotore di un’opera sanitaria a favore dei bambini palestinesi. A conferma di questo evento, questo piccolo gruppo di amici decide di recarsi nei campi profughi e di raccogliere i bambini malnutriti. Quando questo religioso ritorna nella sua diocesi, ovviamente, comincia a fare il “tam tam” in tutte le diocesi e tutte decidono all’unanimità di fondare un’associazione che in tedesco si chiama “Kinderhilfe Bethlehem”, in italiano “Aiuto bambini Betlemme”. Questa è ancora oggi l’organismo che gestisce la struttura sanitaria per i bambini, senza alcuna distinzione di razza e religione, oltre all’aspetto educativo e di supporto nei confronti delle mamme. Questo perché nella cultura araba la donna ancora oggi si trova in una condizione di minorità, di inferiorità rispetto all’uomo. L’opera è nata come una risposta di solidarietà.

D. – Come si riesce oggi a portare sostegno e conforto ai bambini in Medio Oriente, un luogo in cui sembra così difficile la convivenza tra culture e religioni differenti?

R. - Caritas Baby Hospital è un’opera voluta da Dio: lo conferma il fatto che esistiamo ancora oggi, dopo sessant’anni di presenza; è come rendere lode al Signore, per questa opera che lui ha voluto e...